La Pratica Collaborativa è un metodo non contenzioso di risoluzione delle controversie, ideato nel 1990 negli Stati Uniti per una diversa gestione dei conflitti familiari. Da lì si è poi diffuso in molti Paesi estendendosi anche all’ambito civile e commerciale. In Italia il modello collaborativo, non disciplinato dalla legge, è stato recepito nel 2010 da alcuni gruppi di professionisti, che hanno deciso di utilizzarlo essenzialmente nella risoluzione dei conflitti familiari.
Il metodo, ideato dall’avvocato Stuart Webb, nasce dalla constatazione degli effetti devastanti che un divorzio contenzioso può avere su tutte le parti in causa, i coniugi, i figli, tutta la famiglia. Infatti, una separazione giudiziale fossilizza le parti nel ruolo di litiganti, anche dopo il processo.
Inoltre, un accordo deciso dal giudice e delegato agli avvocati, molto spesso si rivela poco sostenibile nel tempo, ma principalmente poco rispondente ai veri interessi delle parti, che vedono discussi i propri bisogni attraverso le lenti impersonali del diritto e di una giustizia astratta, che omologa nella maggior parte dei casi le soluzioni, per tipologia di problema.
La novità della Pratica Collaborativa consiste in uno stravolgimento della tradizionale logica avversariale: non più dunque le due parti nemiche e in lotta fino allo stremo, difese ciascuna dal proprio legale, ma un unico tavolo collaborativo a cui siedono insieme i due coniugi, gli avvocati, e due figure neutrali, l’esperto delle relazioni e l’esperto finanziario, tutti accomunati dall’interesse a raggiungere l’accordo migliore per le parti e, quando presenti, per i figli.
Le regole vengono così completamente ribaltate e fissate nei principi di trasparenza, lealtà e buona fede, a cui ogni membro del tavolo s’impegna sottoscrivendo l’Accordo di Partecipazione.
Attraverso la Pratica Collaborativa si raggiungono soluzioni altrimenti impensabili, che risultano personali, originali, ma soprattutto tagliate su misura sulla coppia che si sta separando, che è la sola che, meglio di qualsiasi professionista, conosce le proprie necessità.
Nella Pratica Collaborativa l’esperto delle relazioni ha il compito di facilitare la comunicazione tra le parti e all’interno del team. Il suo ruolo è fondamentale per condurre le questioni da un piano di incomunicabilità conflittuale, a quello di un qualsiasi problem solving, che spinga la mente ad accedere a nuove risorse e nuove forme di ragionamento, stimolando l’inventiva personale e la creatività delle parti. Insieme agli altri professionisti collaborativi, egli dovrà adoperarsi perciò per creare al tavolo collaborativo un clima emotivo rilassato e di reciproca fiducia tra tutti. Il suo ruolo tuttavia, rispetto a quello degli avvocati, è caratterizzato da una neutralità che si fa garante dell’intero processo.
Uno dei maggiori equivoci nei quali si cade nel momento in cui si decide di porre fine a un legame di coppia è l’illusione, con la separazione o il divorzio, di dare un taglio netto alle situazioni problematiche e di ricominciare una nuova vita perseguendo il fine di una riconquistata serenità.
Se questo risulta possibile quando mancano i figli, in caso contrario, purtroppo, il desiderio di pancia di fuggire via dalla relazione non collima con quella che sarà la realtà, poiché la gestione dei figli (almeno fino al raggiungimento della loro maggiore età) comporterà necessariamente il prosieguo dei contatti tra i due ex, al di là dell’epilogo della loro relazione sentimentale. Bisogna allora fare i conti con un concetto nuovo di epilogo, che non contiene in sé solo una fine, bensì anche l’inizio di una diversa fase della relazione, caratterizzata da nuovi accordi e nuovi impegni che, per il benessere di entrambe le parti, rendono auspicabile il raggiungimento di una comunicazione più serena e proficua. La vera svolta della separazione consisterà, perciò, non tanto nel firmare le carte e prendere gli accordi, ma nell’abbandonare le note strade dell’ostilità, della vendetta e delle recriminazioni, che suscitano malessere e tolgono la pace.
Attraverso la sinergia delle varie professionalità messe in campo, la Pratica Collaborativa offre ad entrambe le parti la possibilità di vedere nell’altro non più il nemico, bensì un compagno che spesso è il padre o la madre dei propri figli, la persona con la quale si è condivisa una bella fetta di vita e con la quale a un certo punto si è semplicemente deciso di prendere strade diverse. Questo significa apprendere una modalità collaborativa, che sarà preziosa soprattutto per i figli.
Questi ultimi potranno infatti imparare dai genitori che non necessariamente il conflitto porta alla distruzione, ma che invece da esso possono nascere spazi nuovi e reciproci di crescita e di interazione. Per raggiungere questo obiettivo, sarà fondamentale l’aiuto di un facilitatore, che aiuterà le parti a comunicare in maniera diversa e a riscoprirsi inaspettatamente alleate nel voler ritrovare la reciproca libertà, senza perdere la propria dignità, il proprio controllo, ma soprattutto la propria capacità genitoriale.
Troppo spesso, infatti, l’investimento emotivo sulla relazione con l’ex- coniuge, fa passare in secondo piano l’attenzione ai bisogni dei minori. E non perché questa non sia una delle preoccupazioni maggiori dei genitori, ma piuttosto perché le parti, disperdendo la propria energia emotiva essenzialmente nel conflitto, non conservano in sé risorse sufficienti da rivolgere in maniera proficua alla relazione genitoriale.
Spesso chi esce sconfitto più di tutti dal conflitto è il figlio, che diventa a seconda dei casi “arma” o “scudo” attraverso cui i genitori si combattono.
Anche quando sembra che entrambi i genitori pongano la massima attenzione ai bambini, essi, che non hanno partecipato al processo decisionale che cambia anche la loro vita, continuano a percepire se stessi come sullo sfondo di una storia che subiscono, che non gli appartiene e che non riconoscono come propria, quando non arrivano addirittura a sentirsi irragionevolmente responsabili di quanto accaduto.
La Pratica Collaborativa può costituire un’alternativa concreta e valida non solo alla separazione giudiziale, che notoriamente è assai più lunga e defatigante, ma anche a tutti quegli altri metodi non contenziosi di risoluzione del conflitto, che si affrontano nella separazione consensuale.
Quando i coniugi si accordano tra di loro, essi infatti possono, a seconda dei casi:
Rispetto ai metodi sopra elencati, ecco le risorse e i vantaggi offerti dalla Pratica Collaborativa:
Risorse
Vantaggi