Ci sono tanti modi di guardare al passato, c’è chi si sente assolto da tutto e chi si colpevolizza di ogni cosa. In questo articolo propongo una visione positiva di ogni défaillance.

Ognuno ha il suo scheletro nell’armadio. Azioni che non avremmo voluto compiere, pensieri che non avremmo voluto avere, omissioni che non avremmo voluto contare. A volte, guardare il passato può significare raccogliere i misfatti che alimentano i rammarichi e i ripensamenti del presente. Ma è il nostro oggi quello che ci parla in questo momento, quel noi cresciuto e mutato, che prende le distanze dagli errori. Ed è la nostra realtà attuale che, contemplando i fallimenti, può farci gridare “Certo, ERO una persona INCOMPLETA, MA avevo GIÀ tutto quello che mi serviva per evolvermi!”  È importante questa frase, che parcellizza le nostre responsabilità e ci ricorda che esse sono solo una parte del nostro tutto. Quando facevamo disastri, eravamo già il TUTTO di oggi, ma un tutto che NON ANCORA si manifestava. E se ancora ci succederà di ripensare al nostro scheletro nell’armadio, ricordiamoci di guardarlo con simpatia, perché è grazie a lui che ci troviamo dove siamo, perché è vero che oggi guardiamo il panorama dall’attico, ma è sui mattoni dei nostri fallimenti che esso è stato edificato. E non ci giova avere rimpianti o indugiare sui rimorsi, perché tutto ci è servito, tutto è andato come doveva andare. Tributiamo piuttosto, con generosità, il nostro grazie alla vita che, se ci ha permesso di commettere errori, ci ha fornito anche, però, tutto ciò che ci serviva  per ripararli.

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