Quale acqua vogliamo essere?
Mi piace pensare all’umanità come a un fluire delle energie più svariate che la natura può mettere in campo. Nell’articolo che segue, ipotizzo una distinzione in cui l’acqua diventa metafora del nostro modo di essere.

Mi piace paragonare la nostra mente all’acqua, che è un elemento vitale per la nostra sopravvivenza al pari dei nostri pensieri. Nasciamo immersi nel liquido amniotico dei fattori genetici e ambientali, ma di norma la nostra vita si svolge nel mare, dove confluiscono le Weltanschauung del mondo contemporaneo.

Nell’idrologia mentale della vita potremmo allora distinguere:

  • le menti sorgenti che danno luogo a movimenti di idee
  • le menti torrente che esplorano l’habitat con interesse
  • le menti fiume che ingrossano le acque sorgive che vanno a finire nel mare
  • le menti lago chiuse nel proprio lento movimento interiore
  • le menti palude dove le idee non vengono elaborate, ma giungono passivamente dall’alto attraverso la pioggia sociale o affiorano dal basso attingendo agli umori della terra; qui le idee ristagnano in sé, sottraendosi ad ogni movimento autonomo.

Le sorgenti sono coloro che creano nuove idee, i torrenti sono gli individui curiosi, perennemente alla ricerca, e che a partire da un’idea cercano la propria collocazione esistenziale nel mondo; i fiumi sono coloro che aderiscono a un’ideologia e cioè ai grandi movimenti di opinione che si creano in ossequio a un’idea, i laghi sono le persone appagate in sé che non s’interessano alle idee altrui, ma si nutrono dei propri pensieri positivi, mentre le paludi sono quelle persone nelle quali le idee che attecchiscono trovano ancoraggio nella melma del fondo, intorbidito da alghe putrescenti.

Nel mare della vita affluiscono tanti corsi d’acqua, il che significa che il pensiero non può essere mai unico, ma è per ogni individuo solo un’attitudine che ciascuno sceglie di riempire a modo suo. Dunque, tutti siamo acqua, tendenzialmente destinata al mare, ma possiamo scegliere in quale forma esprimerci. Qualunque acqua scegliamo di essere, saremo in movimento, a meno che non scegliamo di essere palude e cioè acqua sporca, contaminata dai pregiudizi che ristagnano in noi, impedendoci di pervenire a un pensiero critico.

E mentre una volta le paludi ricevevano essenzialmente dalla famiglia e dal proprio minuscolo angolo di società un’istruzione di vita e lì riposavano per il resto dei propri giorni, macerandosi nella propria melma inconcludente, oggi, invece, molto del cibo che nutre le paludi contemporanee proviene dalle sabbie mobili del web, che ci trasforma in consumatori ideali del mercato, frantumati da filosofie che s’incontrano, si intersecano e si contaminano, rendendoci sempre più remota la possibilità di conseguire un pensiero autonomo e critico.

Con la sabbia delle suggestioni più varie, mescolata all’acqua del flusso mediatico, il web è l’habitat perfetto che inghiotte gli individui. E come nelle sabbie mobili l’agitarsi non fa che peggiorare le cose, così sul web più ci muoviamo velocemente, più ci buttiamo senza esitazione nello schieramento delle fazioni, più ci vietiamo di pensare, e più, negandoci il giusto tempo di riflessione, condanniamo a morte il nostro libero pensiero.

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